Comunità creativa di ricerca

Il costrutto di comunità creativa di ricerca è emerso nel corso della sperimentazione della metodologia didattica New WebQuest come background sovraordinato in grado di giustificare i benefici relazionali, metacognitivi e cognitivi riscontrati.

Esso rappresenta per noi, più che un punto d’arrivo, una feconda e stimolante ipotesi di lavoro in costante aggiornamento maturata in un contesto di ricerca-azione, costruita insieme a tanti colleghi didatti, un’ipotesi da affinare, decostruire e ricostruire flessibilmente con tanti altri che seguiranno.

Il costrutto in questione si propone come ulteriore sviluppo dei concetti di comunità elaborati a partire dagli anni Novanta come adattamento dell’apprendimento cooperativo alle nuove esigenze della società. Tale evoluzione è segnatamente rappresentata dai modelli della comunità di apprendimento, della comunità di pratica e della comunità di ricerca. Semplificando molto, tutti e tre puntano a comunità che si originano da un forte senso di coesione e appartenenza, dalla motivazione intrinseca, dalla progettualità e dalla proattività volte al miglioramento collettivo; costruiscono competenze, o addirittura culture, inclini a estendersi a cerchie più ampie; sono strutturalmente democratiche, pur valorizzando distinzioni di ruolo congeniali alle finalità comuni. La conoscenza che vi si sviluppa, prevalentemente situata, nonché in buona parte tacita e spontaneamente metabolizzata dai membri, riflette sulla prassi ed è curiosa di comprendere le proprie dinamiche di funzionamento e di crescita. Si tratta di meccanismi ben compatibili con le esigenze della contemporanea “società della conoscenza”, che richiede di rapportarsi a un sapere caratterizzato da dinamicità, complessità, distribuzione e globalizzazione, nonché sinergico con i processi di apprendimento informali e non formali, soprattutto Web-based.

In relazione all’apprendimento nei contesti formali e scolastici, negli ultimi anni l’interesse dei pedagogisti è rivolto soprattutto alle comunità di ricerca, che per certi aspetti si possono interpretare come una declinazione di quelle di apprendimento. Qui il focus è la ricerca, l’investigazione.

Possono caratterizzare le comunità di ricerca meccanismi affini a quelli di una vera e propria comunità scientifica, con dinamiche prevalentemente epistemiche e democratiche, come nel caso dei modelli che si ispirano a John Dewey, tra cui la stessa Group Investigation; oppure affini a quelli di una comunità filosofica, con dinamiche prevalentemente euristico-identitarie e creativo-immaginative, come nel caso della Philosophy for Children.

In entrambi i casi, non si tratta semplicemente di apprendere, quanto di indagare metodicamente e criticamente un problema, la cui soluzione comporta un miglioramento della vita della comunità. L’attività di ricerca costituisce un’esperienza significativa in cui si sviluppa, democraticamente, la coscienza dell’importanza di costruire un sapere che comporta la crescita, ad un tempo, di se stessi e della società.

Il costrutto di comunità creativa di ricerca, pur integrando alcune feconde dimensioni della comunità di pratica, riconsidera soprattutto quella di ricerca. Quest’ultima rischia, però, di risultare sbilanciata sul versante epistemico. A scuola, l’aspetto strettamente conoscitivo sembra intuitivamente predominante; tuttavia, senza il cuore pulsante della processualità creativa – che si co-costruisce in un tessuto relazionale ove si condividono intimi sentimenti, emozioni e ideali – tale aspirazione epistemica corre il rischio di tradursi in algido tecnicismo, incapace di muovere i sentimenti profondi e il Sé.

Come sottolinea Donald Winnicott, l’appercezione creativa ci fa sentire la vita degna di essere vissuta, in qualsiasi attività e circostanza. Nella comunità creativa di ricerca è in causa un’esperienza didattica in cui le microcomunità cospirano a un progetto, coinvolgente l’intera macrocomunità (classe; tendenzialmente lo stesso istituto e cerchie ancora più ampie), che attiva processualità creativa euristica e pragmatica. Ciò promuove l’incontro e il riconoscimento tra gli spazi transizionali dei membri (facilitatore/i compreso/i, pur in relazione variamente asimmetrica, a seconda dell’età degli studenti) e la giocosa decostruzione e ricostruzione del senso dell’io, degli altri e del mondo (società, natura). In tale processo si edifica un sistema simbolico, una cultura condivisa, che tende al contempo ad integrare il proprio Sé e a potenziare la competenza di essere Comunità e prendersene cura.

Ci si sente vivi, lavorando entro una comunità di ricerca scientifica che affronta questioni di fisica o di biologia, oppure entro una comunità di pratica di programmatori alle prese con un problema di software, quando si crea un nuovo percorso, una nuova soluzione, un nuovo modo di vedere le cose. Si è stati in questo caso, nella sfera euristica, divergenti o abduttivi.

La dimensione creativa è, naturalmente, più immediatamente evidente quando si sta componendo un’opera, artistica, letteraria, architettonica o ingegneristica. In questo caso la creatività in gioco riguarda prevalentemente la sfera pragmatica, a prescindere dalla natura materiale o intellettuale dell’artefatto prodotto.

Tale “artefatto euristico e/o pragmatico” sostanzia il senso e la creatività di un’attività complessa compiuta da una comunità, ed è esito di una cultura e di una finalità comune, compiuto in se stesso e aperto a successivi usi da parte della comunità stessa o di più ampie comunità a cui si rivolge (ad. es. il prodotto multimediale, diffuso nel Web, di un corto cinematografico o di una rappresentazione teatrale, vertente su un tema o un problema percepito come autentico dagli studenti; un progetto di sviluppo sostenibile per la propria valle inquinata; un parco giochi ideale per il proprio quartiere sprovvisto di spazi di aggregazione sociale).

È fondamentale che i pari (specie se adolescenti o pre-adolescenti) percepiscano l’attività come in larga parte auto-determinata. Non si tratta semplicemente di un compito eteronomo e neppure di un’opportunità scolastica, quanto piuttosto di un’occasione di crescita liberamente e autonomamente scelta. Il compito è quindi progettato dal facilitatore in termini tali da essere ridefinito entro certi limiti dagli studenti, che ne ricostruiscono e ne sviluppano le dimensioni creative euristica e/o pragmatica, ed è dunque co-definito dalla comunità, come a maggior ragione lo è il processo.

Lo stesso prodotto finale deve essere co-valutato dall’intera comunità, non semplicemente etero-valutato dal facilitatore. Inoltre, la comunità riflette sulla propria prassi, in chiave di auto-regolazione dell’apprendimento e dei processi creativi euristici e/o pragmatici, dispiegando un intenso percorso metacognitivo, sorretto dalla motivazione intrinseca di comprendere che cosa si vuol fare, si sta facendo e si è fatto, che consente importanti esiti di transfer ad altri contesti di quanto maturato. Ciò avviene a diversi e sinergici livelli del proprio operato, quello del facilitatore e quello dei pari, impegnati nella co-riflessione sulla prassi.

La comunità, come si è detto, si incontra in un ambiente complex. In presenza scolastica, a distanza extrascolastica e in particolare in presenza extrascolastica, nei vari possibili ambienti già menzionati.

Ricapitolando, in una comunità creativa di ricerca, rispetto a una semplice comunità di ricerca:

  • si potenziano gli aspetti generativi, divergenti e abduttivi della sfera euristica;
  • si coinvolge la dimensione della creatività pragmatica, soprattutto nella produzione del suddetto artefatto;
  • si vive un’esperienza che coinvolge tutte le dimensioni del Sé, non solo quella epistemica;
  • si ri-costruisce la cultura e se ne co-costruisce una nuova, fortemente trasformativa.

Inoltre, in una comunità creativa di ricerca scolastica, rispetto a una semplice comunità di ricerca scolastica:

  • si abbattono le barriere tra attività scolastiche e professionali e attività ricreative e di diversione sociale;
  • si opera in un ambiente realmente complex, senza residue esclusioni di rilevanti dimensioni di relazionalità;
  • si conseguono gli obiettivi di digitalizzazione e di confronto con la complessità e la liquidità globale utilizzando ICT, applicazioni e risorse Web-based per lo più familiari e di impiego quotidiano, facilitando l’immersione nei propri stili abituali di socializzazione e relazione (es. social network) e la ristrutturazione del loro senso, nel contesto di una comunità-che-crea-e-scopre;
  • si co-definiscono e co-costruiscono compito, processo, strumenti, valutazione e riflessione sulla prassi.

Comunità creative di ricerca nella scuola primaria

Nella scuola primaria un ruolo centrale all’interno della comunità è giocato dalle famiglie, che nella scuola secondaria di II grado esercitano invece una funzione decisamente subordinata rispetto alle microcomunità costituite dai gruppi dei pari e dai facilitatori. Si potrebbe dire che i genitori (e spesso la famiglia allargata: nonni, zii, ecc.) rappresentino uno dei tre cuori della comunità.

È forse questo l’ordine di scuola in cui cresce nel modo più pieno il senso di comunità attraverso la metodologia NWQ, proprio grazie al coinvolgimento delle famiglie.

Il coinvolgimento dei genitori richiede attenzione, progettualità, cura e sensibilità. Non di rado essi provano inizialmente un transitorio senso di smarrimento, felicemente superato e rimpiazzato dall’entusiasmo se i docenti-facilitatori saranno stati capaci di illustrare preventivamente alle famiglie, in sede formale e informale, il senso, le finalità e il valore innovativo di New WebQuest, nonché le opportune modalità di incontro extrascolastico in presenza e di monitoraggio dell’attività. In tal modo, tra l’altro, emergono spontaneamente in seno alla comunità-classe alcuni genitori che rivestono il ruolo trainante di “facilitatori naturali”, con forte valenza organizzativa e, soprattutto, inclusiva.

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